Non è mai facile iniziare un articolo. Il blocco dello scrittore (passatemi il termine) capita più spesso di quanto pensiate, sopratutto quando si hanno mille concetti e idee nella testa e non si trova il capo, la frase che ti permette di cominciare. Poi se l’articolo è dedicato ad una delle esperienze gastronomiche più interessanti degli ultimi tempi, beh allora sì che diventa complicato.

L’esperienza al Del Cambio è stata illuminante sotto molti punti di vista. Torino è una città molto particolare, una città dove chi prova a stravolgere le tradizioni non ha vita facile. Ed è quello che immagino sia successo a Matteo Baronetto, quando nell’Aprile 2014 ha preso in mano le redini della cucina del ristorante Del Cambio, una vera e propria istituzione per la città e i torinesi, il luogo dove la Torino bene trascorreva le feste, le ricorrenze famigliari e non, il pranzo della domenica. Baronetto ha leggermente stravolto quello che per molti era il concetto di tradizione: i commenti che spesso sentivo erano dubbiosi, troppa modernità in un luogo così tradizionale e storico.

Per fortuna, dopo 3 anni, le cose sono cambiate, i torinesi apprezzano, anzi decantano la mirabile innovazione dello chef, innovazione che passa dalla pura tradizione: per far capire e conoscere la propria idea di cucina Baronetto ha dovuto dare uno scossone alle fondamenta, entrare poco a poco nei gusti dei torinesi, delle famiglie che frequentavano il locale prima della ristrutturazione. Ma grazie a Baronetto la città ha finalmente un ristorante di respiro internazionale, moderno. Lo chef è cresciuto molto in questi tre anni e i torinesi con lui.

Del Cambio Ristorante | Torino

Siamo stati a pranzo al Del Cambio il 19 marzo, festa del papà, la sala era al completo, la visuale dal tavolo 12 ci ha permesso di osservare gli altri commensali: alcune famiglie con bambini, una coppia di giovani sposi, una coppia di coniugi in età avanzata, abiti molto eleganti, un pranzo leggero, un calice di vino, degli habitué del ristorante. Lo percepisci dagli sguardi dei camerieri, piccole coccole speciali, che denotano confidenza ma anche grande rispetto.

Del pranzo mi è piaciuto tutto: dal menù dello chef, un percorso completo (Improvvisazione ragionata) della sua cucina tra tradizione e innovazione, un viaggio tra il cuore del territorio e incredibili esplorazioni di gusto, al servizio, attento, curato, mai eccessivo.

Tre piatti mi sono rimasti in testa: ricci e jus di vitello, la lasagna (che della lasagna tradizionale ha, diciamo, solo il condimento, poiché si tratta di un’alga condita come una lasagna) e rognone e ricci. Di grande impatto visivo e gustativo, le mie papille in estasi per l’Insalata piemontese, un piatto pensato dallo chef che cambia con il variare delle stagioni. E io che solo qualche anno fa mi dannavo con la rubrica del blog ‘siamo al verde‘ sul fatto che nei ristoranti si pensasse sempre troppo poco alle verdure e agli ortaggi? Ora posso solo essere felice per questo cambio di direzione.

Ricci e jus di vitello | Matteo Baronetto, Del Cambio ristorante

La Lasagna di Matteo Baronetto, Del Cambio ristorante

Rognone e ricci | Matteo Baronetto, Del Cambio ristorante

Pasqua è alle porte e al Del Cambio chef Baronetto ha pensato ad un menù speciale: potrebbe essere un bel modo per festeggiare, rilassarsi e godere di una delle migliori cucine della città e d’Italia.

P.s.Se volete leggere qualcosa di interessante sulla Finanziera di Cavour cliccate su questo link

Ho posto alcune domande allo chef, mi auguro che vi raccontino qualcosa in più su di lui, sul suo pensiero e sulla sua idea di cucina

Cos’è il ristorante Del Cambio nel 2017, dopo 260 anni di storia?

Dopo 260 anni di storia e da tre anni a questa parte Del Cambio è un progetto molto più articolato e dinamico rispetto a ciò che era un tempo. Da ristorante tempio della tradizione piemontese aristocratica oggi è un luogo capace di accoglierti sotto diverse forme e grazie a diverse formule. A partire dalla Farmacia, la nostra gastro-boutique, passando al Bar Cavour, il nostro american bar, per tornare al ristorante. Qui abbiamo ridato splendore alla Sala Risorgimento, dove pranzava Cavour, mantenendo i decori ottocenteschi, ma affiancandole spazi moderni, con la Sala Pistoletto e le sue lastre specchianti. Le “diverse anime” di Del Cambio riassumono la nostra ambizione di coccolare i clienti in ogni singolo desiderio e con un respiro sempre più internazionale.

Come ci si sente a lavorare in un luogo storico come questo?

Sicuramente c’è un “contesto” da rispettare e di cui tener conto. Del Cambio non è un luogo come gli altri ma un emblema della cultura torinese. I suoi saloni hanno ospitato personalità che hanno fatto la storia d’Italia ed è ovvio che lavorare in un luogo così storico generi un grande senso di responsabilità verso la sua tradizione.
Nel contempo avverto la necessità di voler trasferire attraverso il mio lavoro un mutamento che è necessario per rimanere al passo con i tempi. Quando ho sposato questo progetto avevo la consapevolezza che Del Cambio non potesse rimanere quello che era dieci anni fa ma che il suo passato dovesse essere il mio punto di partenza e una solida base su cui costruire il futuro.

Che visione ha della sostenibilità e dell’etica (in cucina) nel 2017 uno chef come Matteo Baronetto?

Una delle cose che mi sta più a cuore è il ritorno, anche se io non l’ho mai dimenticato, alla stagionalità dei prodotti. A Torino ho ritrovato una visione molto “più territoriale” del fare questo mestiere perché Torino è vicina ai produttori agricoli e ne “subisce” un’influenza diretta. Qui ho ritrovato alcune verdure che in altri luoghi sono poco utilizzate e che sono vere e proprie primizie, penso ad esempio ad alcuni tipi di insalata che si trovano nei mercati locali e che sono davvero particolari. Credo che la sostenibilità passi anche dalla scelta dei fornitori e dall’attenzione al contesto in cui si opera.
Allo stesso modo cerco di porre grande attenzione alla gestione degli sprechi, che in questi tempi diventa un atto quasi dovuto. Ad esempio la nostra foglia di pane è realizzata con le briciole del pane. Ritengo infatti che la sensibilità di un grande cuoco stia anche nel saper indovinare “la seconda vita” di un ingrediente.
Infine l’impegno maggiore che Del Cambio si assume, e di cui ha una consapevolezza sempre crescente, è quello volto al miglioramento dello stile lavorativo delle proprie risorse. Il settore della ristorazione impone ritmi molto elevati, specialmente a determinati livelli, ed è necessario investire sulle persone. A questo proposito svolgiamo attività di formazione mirata e ci appoggiamo a consulenti esterni per sessioni di team building strutturate e continuative, volte a migliorare il clima lavorativo e a risolvere eventuali “nodi” che lo possano compromettere. Sono sempre più convinto che un ristorante eccellente debba porre più attenzione alla gestione delle proprie risorse che all’esecuzione. Di questi tempi credo, infatti, che essere un buon datore di lavoro sia il segnale di etica più importante. Perché posso anche inventare il piatto più bello e buono del mondo ma senza un team di persone che lo realizzeranno con passione ed entusiasmo tutto il processo viene vanificato.

Se dovesse servire un piatto a Cavour oggi, cosa gli preparerebbe? La sua finanziera o penserebbe ad un nuovo piatto?

Credo che per provocazione gli proporrei il contrario di quello che lui avrebbe scelto ovvero l’insalata piemontese, un piatto leggero ma ugualmente ricco di sapori.

Insalata piemontese | Del Cambio Ristorante, chef Matteo Baronetto