Pane olio e pomodoro San Marzano

Per me il comfort food non è inteso solo come cibo che riscalda il cuore, quanto più qualcosa che mi ricorda un determinato momento della mia vita.

I nonni materni avevano una cascina in Provincia di Torino, comprata dopo anni di lavoro e sacrifici, era il loro paradiso. Soprattutto per il nonno, che adorava il suo orto, i suoi fiori, quel pezzo di terra che coltivava con amore e con tanto amore era ricambiato, visto quello che la terra gli donava ogni stagione.

Per me ricordare quel periodo vuol dire ricordare attimi felici: andavamo a prendere il latte da un vicino che stava qualche cascina più giù, in fondo alla strada, il nonno ed io. A volte venivano anche gli altri cugini, ma quella era una faccenda tra me e lui, oltre al fatto che ero la nipote più grande. Poi non vedevo l’ora di tornare a casa, trasferire il latte nella pentola, farlo bollire e attendere che si raffreddasse. Un passaggio che ora, con il latte pastorizzato, non si fa più. Quello era il momento più bello della giornata: tutti in fila, seduti sulle sedie attorno al tavolo, con il cucchiaio in mano, ad aspettare che il latte si raffreddasse per poter raccogliere la panna che si formava sulla superficie e mangiarne quanta più ne potevo.

Quella stufa a legna, fatta interamente di ghisa, era il luogo della casa dei miei nonni dove tenevo (e tengo ancora) chiusi i ricordi: grazie al putagè, ho attraversato quasi 20 anni di storia, ma soprattutto della storia della nostra famiglia. L’arrivo dei cugini più piccoli, i pranzi della domenica d’estate, con la lunga tavola imbandita sotto il pergolato d’uva fragola e la nonna che cucinava la parmigiana, con il profumo di melanzane fritte che si spandeva per tutta la casa. I pomodori del nonno, appena colti, conditi solo con olio, sale e il suo aceto di vino che per noi bambini aveva un profumo irresistibile.

La polenta e le caldarroste d’inverno, i giochi di società fino a tardi, tanto domani non si va a scuola e dormiamo tutti qui, dai nonni.

È così che ricordo i momenti più belli e grazie a quel putagè posso riassaporare cibi e attimi felici. Peccato che quando la casa è stata venduta e i nonni sono tornati a vivere a Torino, quella stufa sia rimasta lì. Abbiamo lasciato quella casa con grande rammarico, però mi piace pensare che sia come una sorta di cassaforte dei ricordi, una casa delle bambole che posso aprire quando ne sento la necessità per sentire ancora quei profumi, gli odori della cucina e i miei nonni insieme, felici.

Comfort food